10-06-2012 domenica
Ci
incontriamo al bar Chicca alle 5,50 di domenica dopo di aver deciso di
anticipare l’appuntamento delle 6,15. Ciò perché la lontananza della meta e
l’impegnativo percorso l’hanno reso necessario. Ci sono già Antonio, Cinzia e
Davide. Insieme a me arriva Luigi e dopo
poco anche Massimo. Ci siamo tutti e promettiamo bene; poche parole e molta
efficienza. Dopo poco partiamo ma dopo pochi chilometri ci chiama Fabio che ha
deciso di venire senza avvertire e si attardava aspettando le 6,15. Lo
aspettiamo e poi si riparte. Il viaggio è lungo fino a Capricchia, dopo
Amatrice: 150 km poco più o poco meno.
Percorriamo
l’ultimo tratto di strada sconnessa che ci porta in alto fino al Sacro Cuore a
quota 1381m., il panorama è stupendo con la cresta della Laga che inizia da Cima Lepri e finisce
sulle tre vette della Laghetta, passando per Pizzo di Moscio, Monte Pelone e
Monte Gorzano.
Ci
prepariamo mentre aspettiamo gli amici del Cai di Alatri che faranno
l’escursione con noi. Intanto ci telefona Claudio, l’altro accompagnatore del
Cai di Alatri. Sono quasi arrivati; sono a pochi chilometri.
Le
escursioni intersezionali sono sempre un’occasione per rivedere vecchi amici e
conoscere nuova gente. Cosi saluto Walter, il presidente del Cai di Alatri,
Calogero che è un EA e Gabriella e Claudio che hanno fatto il corso ASE insieme
a me e a Guelfo. Intorno alle 9,15 siamo pronti a partire. Claudio apre il
gruppo e io lo chiudo, come si dice in gergo faccio la “scopa”.
L’itinerario
lo conosco bene perché lo abbiamo già fatto in ricognizione il giovedì con
Claudio e altri due amici. È un percorso impegnativo che è lungo quasi 17 km e
ha un dislivello di quasi 1300 m totali.
L’inizio
del percorso è morbido. Si sale un po’ e si cammina in un bosco di faggi, dove
ancora si vedono i danni della nevicata di febbraio.
Dopo
un po’ incontriamo il bivio, dove a sinistra si va a Balzi Classette e che sarà
la strada del ritorno. Noi andiamo a destra e saliamo a zig zag nel bosco
seguendo i segni evidenti bianco- rosso del sentiero.
Il gruppo va dai 31 anni di Massimo ai 68 di
Davide ma è molto omogeneo e sale veloce e compatto. Usciamo dal bosco e ci
ritroviamo dopo poco allo stazzo del Gorzano a quota 1882m. 500m di dislivello
in quasi un’ora e un quarto. Facciamo una pausa di pochi minuti per sistemarci e
mangiare qualcosa. Ci si copre perché un vento forte soffia fastidioso, anche
se la temperatura non è fredda e il cielo è solo un po’ nuvoloso, niente
rispetto al cielo bigio della partenza che ci aveva un po’ preoccupato.
Ora
la cima del Gorzano 2458m appare evidente insieme alla linea di cresta che
dovremmo percorrere per arrivarci. A dire la verità un po’ mi spaventa visto
che ancora sento la stanchezza della salita di due giorni prima.
Le
ultime decine di metri sono particolarmente dure per la fatica accumulata nella
salita e nel pendio più erto, ma neanche è la mezza che siamo in vetta, alla
una croce metallica. Sotto un omino di pietre c’è la scatola di ferro con il
libro di vetta. Lo firmiamo e ci rifocilliamo. Foto di
gruppo e si riparte.
Continuiamo la via di cresta verso il Monte
Pelone e si vede la strada che sale dalle Cento Fonti, il versante abruzzese,
da Cesacastina.
Anche
la salita al Monte Pelone accorcia il fiato ma si va comunque spediti e solo
qualcuno si attarda a scattare foto e a giocare con le lingue di neve che
ancora resistono, consolati che dopo, dalla sella di Solagna, si scende e che
si possa far riposare i polpacci, anche
se lo sforzo si sposta solo alle ginocchia.
Il
gruppo compatto si sfalda solo quando passiamo in un prato di orapi, spinaci
selvatici, e c’è da pensare che fosse premeditato perché in molti hanno già in
mano le buste di plastica e le stanno riempiendo.
Si
riparte e si scende nella valle stretta, dove ruscelli formano diverse e
piacevoli cascate . guadiamo un torrentello e ricominciamo a salice. Si passa
vicino allo stazzo di Pacina e qui i danni della neve di febbraio sono ancora
più evidenti. Si entra nel bosco e si esce a Balzi Classette. Di nuovo si
rientra nel bosco. Ora si scende e si attraversa un altro torrente fino a arrivare all’incrocio con il sentiero fatto
all’andata. Ancora poche decine di minuti e siamo alle macchine. Siamo partiti
intorno alle 9,15 e alle 17 già stiamo alle macchine. Ci cambiamo e poi, con
quelli che siamo rimasti, una decina circa, ci fermiamo ad Amatrice a mangiar
pizza e bere birra.
La
sensazione che rimane è una piacevole e soddisfatta stanchezza e il piacere
della compagnia di un gruppo dove anche se non ci si comosce, si riesce a
interagire in maniera tale che sembra che ognuno si incastri con l’altro.
Omar